Fucilate gli Ammiragli: La Tragedia Della Marina Italiana Nella Seconda Guerra Mondiale by Gianni Rocca

Fucilate gli Ammiragli: La Tragedia Della Marina Italiana Nella Seconda Guerra Mondiale by Gianni Rocca

autore:Gianni Rocca
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2013-11-19T00:00:00+00:00


XIII - ASSEDIO ALLA LIBIA

Il problema dei rifornimenti alla Libia diventa - nell'autunno del 1941 - fonte di angosce e di preoccupazioni. Rommel è impaziente. Dopo il brillante attacco, che nell'aprile precedente aveva riportato le truppe italo-tedesche ai vecchi confini con l'Egitto, meditava di riprendere l'offensiva, sia per eliminare dal suo fianco la noiosa spina di Tobruk, rimasta in mani inglesi, sia per puntare decisamente verso il Canale di Suez. Proprio a causa di tali intendimenti premeva in continuazione per avere sempre nuovi invii di uomini, di mezzi e, in particolare, di carburante. Le crescenti perdite subite dal nostro traffico -soprattutto a settembre - paralizzavano però i suoi disegni.

Hitler, del resto, in quel periodo non lo poteva aiutare: la sua attenzione era assorbita dal fronte russo, dove si stavano svolgendo gigantesche battaglie campali tra sterminate masse di uomini e carri armati. Se fosse riuscito prima dell'inverno a sconfiggere Stalin, sarebbe tornato in forze nel Mediterraneo. Nell'attesa - così pensava il Führer - gli italiani facessero fuoco con la loro legna. Che era però scarsa e di bassa qualità. Proprio a causa della nostra debolezza, gli inglesi avevano di nuovo rafforzato Malta e senza che ce ne accorgessimo stavano per prendere in contropiede Rommel con un'improvvisa offensiva in Libia.

Il 1° ottobre Ciano - che perpetuava la tradizione paterna di «padrino» della Marina - ha un colloquio con l'ammiraglio Ferreri che trova «preoccupato della sorte della Libia, se gli affondamenti del naviglio mercantile dovessero continuare col ritmo del settembre». Nota con soddisfazione, nel suo «diario», come tanto Ferreri quanto l'ammiraglio Fioravanzo, da lui visti in precedenza, nutrissero «sentimenti antigermanici» in tutto simili ai suoi. Ai vertici del regime mussoliniano - come nei comandi militari - l'asprezza della guerra e le sue oscure prospettive stavano difatti generando la consapevolezza che si era puntato avventatamente su un cavallo sbagliato. La voglia di uscirne fuori in qualche modo spingeva uomini come Ciano all'avversione contro Hitler, principale ostacolo a futuri cambiamenti di linea. Ma la guerra, con le sue implacabili esigenze, non lasciava spazio ai sogni o ai rimpianti.

Il 5 ottobre il sottocapo di stato maggiore della Marina, Sansonetti, in una lettera al generale Cavallero, dopo avergli confermato che nel mese di settembre era andato perduto oltre il 30 per cento dei carichi, così profetizzava: «Qualora continuino nei prossimi mesi ad aversi perdite percentuali come quelle di settembre il traffico con la Libia sarà inesorabilmente ridotto per mancanza di piroscafi». Era un grido d'allarme eccessivo e volutamente drammatico per scuotere il massimo responsabile militare italiano, e costringerlo a riaffrontare, d'intesa con i tedeschi, il problema strategico del Mediterraneo.

Il 21 ottobre Malta riceveva un altro rinforzo di cospicue dimensioni. Quel giorno erano attraccati ai moli di La Valletta due incrociatori di oltre 5000 tonnellate - Aurora e Penelope - e due Ct di circa 2000 tonnellate - Lance e Lively. Quattro navi dotate di alta velocità e ben armate che, provenienti direttamente dalla Gran Bretagna, avrebbero costituito, al comando del capitano di vascello Agnew, la «Forza K»,



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